1 novembre 2001 oliopepesale.com
Fonduta italiana e svizzera: confronto tra le ricette delle due tradizioni, dalle versioni storiche di Brillat-Savarin e Artusi agli usi gastronomici contemporanei.
Piemontese o svizzera? Brillat-Savarin scrive, nel suo libro Fisiologia del Gusto 1: la fondua è originaria della Svizzera [] è una pietanza sana, saporita, appetitosa []
E narra la storia di Monseigneur Madot, nominato vescovo di Belley a fine ‘600, che destando lo stupore dei notabili della diocesi, mangiò la fonduta con il cucchiaio invece della forchetta (oggi non stupirebbe nessuno).
La ricetta di Brillat-Savarin è tolta dalle carte del signor Trollet, podestà di Mondon, nel cantone di Berna:
Pesate le uova che volete adoperare secondo il numero presunto degli invitati. Prendete poi un pezzo di buon formaggio di Gruyère che sia il terzo, e uno di burro fresco che sia il sesto del peso delle uova. Rompete le uova e sbattetele bene in una casseruola, dopo di che vi metterete il formaggio grattato o tagliuzzato a fette sottili. Mettete la casseruola su un fornello ben acceso e dimenate con una spatola finché la miscela sia diventata ben densa e morbida; mettetevi poco sale … e molto pepe.
Questa ricetta oggi appare bizzarra: tre parti di uovo per una parte di formaggio! Una ricetta più moderna, della fonduta moitié-moitié, preparata con due formaggi, ci viene proposta dall’autrice gastronomica Mary Bossi 2.
La preparazione è semplice, si grattugiano grossolanamente i formaggi (con la grattugia da rösti, se ne avete una!) e si mettono in casseruola; si mescolano vino e maizena e si aggiungono al formaggio, si porta ad ebollizione a fiamma dolce, sempre mescolando, si aggiungono l’aglio ed il kirsch, infine si aggiusta il gusto con le spezie.
In Italia è l’Artusi 3 a prender posizione sulla fonduta, o cacimperio; all’Artusi la fonduta non piace, e non ne fa mistero:
Io, in opposizione a Savarin, di questo piatto fo poco conto, sembrandomi che non possa servire che come principio in una colazione o per ripiego quando manca di meglio.
Siamo d’accordo con l’Artusi? Credo che la diffusione del piatto gli abbia dato torto. E non è più solo un piatto speciale ai Torinesi, ma amato da molti. Artusi ci dà una ricetta, spiegando che da noi la fonduta non si fa con il gruiera, ma con un altro formaggio, la fontina. Eccola:
Tagliatelo a piccoli dadi e tenetelo [il formaggio] per due ore in infusione nel latte. Mettete il burro al fuoco e quando avrà preso colore versateci la fontina, ma del latte, ove è stata in molle, lasciatecene due sole cucchiaiate. Lavoratela molto col mestolo senza farla bollire e quando il formaggio sarà del tutto sciolto ritiratela dal fuoco per aggiungervi i rossi (d’uovo). Rimettetela per un poco sul fuoco rimestandola ancora e , d’inverno, versatela su un vassoio caldo. Se è venuta bene non dev’essere né granulosa, né far le fila; ma avere l’apparenza di una densa crema. A Torino ho visto servirla con uno strato superficiale di tartufi bianchi crudi tagliati a fettine sottili come un velo.
Pochi i commenti a margine di questa ricetta: quanti tuorli? Chi dice uno ogni cento grammi di formaggio, il Cucchiaio d’Argento ne suggerisce due o tre e, a seconda della versione. Possono essere aggiunti all’inizio della preparazione.
Anthelme Brillat-Savarin, Fisiologia del Gusto o Meditazioni di Gastronomia Trascendente, traduzione italiana di Dino Provenzal, Milano, Rizzoli, 1985 ↩
Mary Bossi, Spécialités Suisses, Zurich, 1991;traduzione della ricetta a cura di oliopepesale ↩
Pellegrino Artusi, La Scienza in Cucina e l’Arte del Mangiar Bene, edizione del 1973, Roma, Newton Compton ↩